Orvietopoli. Un'intervista di Sara Simonetti a Claudio Lattanzi
Un sistema di potere solidissimo che si è basato sul controllo capillare di quasi ogni attività economica, sociale, culturale, sportiva, associativa, ma anche un accordo di potere occulto tra gli esponenti dell'ex Pci e settori importanti del mondo economico. Questi, secondo il giornalista Claudio Lattanzi, gli elementi essenziali che hanno contraddistinto Orvieto negli ultimi venti anni, tra conflitti d'interesse e ombre inquietanti.
La tesi, esplicitata nei sedici capitoli di "Orvietopoli. La Casta, gli affari e la politica all'ombra della Rupe", edito da Intermedia, sta facendo discutere e, soprattutto, incuriosisce e ha determinato ottime vendite.
Per concessione di Intermedia, riportiamo di seguito, da Tuttorvieto Magazine, un'intervista di Sara Simonetti a Claudio Lattanzi (inieme nella foto), in cui l'autore parla di alcuni tra i passaggi più significativi del suo lavoro.
Orvietopoli è concentrata soprattutto dai primi anni 90 al 2009, perché questa impostazione del libro?
Perché è agli inizi degli anni 90 che vengono compiute tutte quelle scelte che hanno contribuito a plasmare la città come la conosciamo oggi e con tutti i problemi attuali. Nel 93 inizia il potere di Stefano Cimicchi che crea una maggioranza politica a propria immagine, estromettendo i socialisti dal Palazzo e dando vita ad un inedito (per quell'epoca) schieramento di centrosinistra. In quella fase, inizia l'uso intensivo della discarica finalizzato a sostenere quel sistema di società partecipate che erano nate dalla fase precedente, cioè dalla Legge Speciale e che sono diventate quasi tutte dei carrozzoni mangia-soldi. Si compie la colossale privatizzazione delle attività di assistenza a favore delle cooperative sociali vicine al partito che, da allora ad oggi, hanno costituito un formidabile strumento di consenso della sinistra oltre ad una forte anomalia rispetto alle dimensioni economiche della città. Da quel momento si spinge inoltre l'acceleratore su una politica urbanistica piuttosto sfrenata e si cominciano a tessere rapporti di potere sempre più solidi tra la politica e una parte rilevante dell'imprenditoria mentre il partito diventa un padrone assoluto della vita orvietana. Ad inizio anni 90 si avvia insomma una fase di cambiamento caratterizzata da una crescita solo apparente, fondata esclusivamente sull'indebitamento in cui erano contenute le premesse della degenerazione successiva con la quale stiamo facendo i conti ancor oggi drammaticamente.
Quale è l'elemento conduttore di questo ventennio?
Innanzitutto il potere personale costruito da Cimicchi intorno alla sua persona. A livello politico c'è stato il tentativo di mettere in moto e far crescere ciò che era stato abbozzato con la Legge speciale, dunque: il teatro, il palazzo dei congressi, il turismo congressuale, la politica dei grandi eventi poi il Centro studi, le società partecipate. Questo castello è crollato perché nessuno è stato in grado di farlo funzionare al di fuori dell'assistenzialismo garantito dai soldi pubblici che è stato l'altro grande elemento distintivo del periodo, così come il clientelismo, figlio a sua volta di una subordinazione totale di ogni attività alla sfera politica.
I conflitti d'interesse di cui si parla diffusamente?
I conflitti di interesse e la sovrapposizione di ruoli economici e politici in capo alle stesse persone sono stati la conseguenza, da un lato dell'importanza abnorme assunta dalla politica e, per un altro verso, da una concezione ispirata all'impunità e a una certa arroganza con cui questa vera e propria Casta ha concepito l'esercizio della funzione pubblica. Nel libro ci sono molti esempi e molti nomi, riferiti al settore delle costruzioni, delle progettazioni e dell'ingegneria, del turismo, non solo ad Orvieto, ma anche a Fabro, Baschi.
Neanche la Chiesa si salva
Nel sistema di potere che ha stritolato Orvieto durante gli anni Novanta e Duemila un ruolo di primo piano l'ha svolto anche l'ex vescovo Decio Lucio Grandoni a cui è riservato parecchio spazio. E' stato il gemello siamese di Stefano Cimicchi. Speriamo che, dall'alto dei Cieli, vorrà perdonare.
Quale è l'eredità che Orvietopoli ci ha lasciato?
La tesi centrale del libro è che alcuni tra i più gravi problemi economici della Orvieto di oggi sono la diretta conseguenza del sistema di potere costruito sapientemente dalla classe politica (ma l'esatta definizione sarebbe "gruppi di potere") che ha dominato la scena in quella lunga stagione. Non si è trattato di un gioco a somma zero, ma di un meccanismo che ha prodotto effetti nefasti nel corso del tempo.
Faccio alcuni esempi, come i prezzi delle abitazioni che sono i più alti dell'Umbria, la mancanza di sviluppo economico, le carenze della sanità, i prezzi ugualmente elevati dei beni di consumo, la mancata soluzione della questione Piave e tanti altri ancora. Prendiamo il mercato immobiliare. Nel libro si descrive per filo e per segno il sistema attraverso il quale la politica ha consegnato, nei fatti, il mercato immobiliare nelle mani di pochi costruttori attraverso un sistema di incentivazione economica che ha favorito il passaggio delle proprietà fondiarie edificabili dai singoli, piccoli proprietari direttamente ai costruttori. Per fare questo si sono usati precisi strumenti urbanistici. Per quale motivo ad Orvieto non esiste il fenomeno dei proprietari che decidono di costruirsi la casa sul proprio terreno e ci sono esclusivamente le lottizzazioni realizzate dai costruttori? Rispondendo a questa domanda, si svela tutto il meccanismo.
In realtà, non è ingeneroso accusare solo la sinistra di aver perseguito interessi di parte? Non ci sono state anche importanti categorie economiche che hanno tratto vantaggio da quel sistema?
Nel libro si sostengono due argomenti: che la sinistra abbia perseguito finalità di parte e che, nel tempo, ci siano stati due importanti accordi taciti tra sinistra politica e destra economica. Il primo è questo che abbiamo accennato con i costruttori. Il secondo è stato quello con i commercianti. Il partito post comunista ha tenuto questi due settori al riparo della concorrenza per anni, facendo il gioco degli imprenditori a danno dei cittadini-consumatori. Nel campo del commercio, è stata perseguita una politica a favore della Coop Centro Italia che ha beneficato della protezione garantita da piani del commercio anacronistici. Questi piani hanno bloccato fino a dieci anni fa l'arrivo delle grande distribuzione. Tutelando gli interessi della Coop che vantava comunque già una pozione di rilievo nel mercato locale, venivano protetti indirettamente anche i piccoli commercianti. Quando la Coop ha deciso che doveva fare un importante investimento nella grande distribuzione per stare al passo con i tempi, cioè l'imminente discount di via Costanzi, allora la politica ha risposto con prontezza ed ha cambiato immediatamente, dal giorno alla notte, i piani del commercio e la stessa impostazione commerciale, mandando a monte gli accordi taciti con l'altra imprenditoria, non legata direttamente al partito.
Il risultato?
Il risultato è stato, in questo come in tutti gli altri esempi illustrati nel libro, che i politici ci hanno guadagnato potere e voti, gli imprenditori vicini alla sinistra e gli altri ci hanno guadagnato tanti soldi e gli unici a rimetterci sono stati i cittadini. Non a caso, oggi l'inflazione calcolata su base locale vede Orvieto al primo posto in Umbria. Alla fine, ricostruire come è stato gestito il potere di Orvietopoli significa comprendere che l'origine dei problemi economici attuali- quelli delle famiglie, delle aziende così come quelli della comunità sintetizzati in un bilancio municipale letteralmente depredato-risiede proprio nel meccanismo di potere perverso che ha regnato finora, tutto costruito solo in funzione degli interessi di una Casta, composta da poche centinaia di persone.
Perché ha scritto questo libro e non ha timore di ripercussioni ad aver messo in piazza affari a cui finora si è accennato solo sotto voce e con una certa soggezione ?
Il libro nasce dal tentativo di individuare le radici del malessere e dello spaesamento di cui oggi Orvieto soffre terribilmente. Per quanto riguarda il resto, l'unico timore l'ho provato quando mi sono reso conto di quanti documenti e quanto materiale avrei dovuto cercare e consultare prima di arrivare alla fine di questo lavoro, molto stimolante e molto avvilente per la realtà che ne è emersa.