Ai piedi de "L'Albero della Vita". Spettacolo in San Giovenale, conferenza a Palazzo Simoncelli
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Il recupero della teatralità medioevale nei luoghi deputati, compresi quelli cittadini che le sono propri. Come la Chiesa di San Giovenale e le sue più significative adiacenze che, già nel XII-XV secolo, hanno visto sorgere uno dei maggiori fenomeni appartenenti alla drammaturgia delle origini. Ovvero, le forme della Lauda, della Sacra Rappresentazione e del Mistero o Moralità, condivise da Orvieto nella stessa epoca con Assisi, Perugia e Todi, fino allo sviluppo del Teatro Italiano ed Europeo. La rinascita di un genere muove dal desiderio di attivare sulla Rupe un percorso in grado di ridare un senso contemporaneo a forme espressive considerate obsolete.
Passa per la rievocazione di atmosfere. E, ancora una volta, trova nel quartiere più antico della città, terreno fecondo. Vi affonderà le radici "L'Albero della Vita. Tree of Life", la sacra rappresentazione promossa in collaborazione con il Comitato della Parrocchia di San Giovenale dal collaudato sodalizio Kaminateatro e Studio d'Arte Fede e Storia, avviato anni fa dall'incontro tra John Skillen – sua, la supervisione culturale e artistica – e l'attore Andrea Brugnera, intorno al progetto internazionale "Laude in Urbis. La Sacra Rappresentazione nel XX Secolo", diretto dalla regista newyorkese Karin Coonrod proprio nel quartiere di San Giovenale.
L'eredità di questa esperienza, unita alla preziosa presenza di Mara Nerbano, studiosa e autrice di opere fondamentali sul dramma sacro, ha portato attori, registi, specialisti della cultura medioevale-rinascimentale, fedeli e semplici cittadini a riunirsi intorno a un'importante ricerca che "sussiste nel tempo, nonostante ogni avversa condizione". Così, dopo la creazione di "The Harrowing of Hell – La discesa di Cristo all'Inferno" del 2014 e "Giobbe o la tortura dagli amici", realizzato giusto un anno fa, è in arrivo la terza produzione. Oltre trenta, i partecipanti.
Triplice, l'appuntamento: giovedì 2 e venerdì 3 febbraio, alle 21, nella Chiesa di San Giovenale. E ancora sabato 4 febbraio alle 19, con la rappresentazione sacra preceduta dalla conferenza con ricevimento sul tema "La Chiesa di San Giovenale come luogo teatrale: testi, iconografia e prospettive interpretative" attesa alle 17 al civico 22 di Via Malabranca, con Palazzo Simoncelli a far da cornice alle parole di Mara Nerbano, che ha curato la consulenza drammaturgica e che illustrerà il profilo storico della lauda orvietana.
Parti della lauda e delle didascalie descrittive sono state elaborate dal suo magistrale libro "Il teatro della devozione: confraternite e spettacolo nell'Umbria medioevale", pubblicato nel 2006. "Quest'ultima nostra fatica – anticipa Andrea Brugnera, responsabile della messa in scena – si pone come un richiamo e una volontà di restituire alla città che ci ospita la sua anima più antica: quella che sorge dalla lauda e dalla tradizione popolare, ad essa da sempre spiritualmente legata. Il Laudario Orvietano contiene una laude appositamente creata e dedicata all'Albero della Vita, dipinto all'ingresso principale della Chiesa di San Giovenale.
Questo dramma fu scritto probabilmente da un religioso per poi essere interpretato dalla locale confraternita. La lauda, che in origine doveva essere cantata - espressione a carattere polifonico di poesia a più voci - era verosimilmente eseguita in una forma realistica che riproponeva le figure medesime dell'affresco: il Messia come frutto dell'Albero della Croce, la Vergine implorante per i peccatori, Giovanni il discepolo affranto ai piedi del legno, gli Apostoli come innumeri rami proferenti ciascuno un verso del Credo; le Virtù Teologali, infine, annunzianti la Grazia e il Perdono.
Seguendo le tracce di questo piccolo capolavoro, ne abbiamo fatto una trasposizione in quadri, stazioni didascaliche e interventi musicali-canori, traducendo l'antico linguaggio in una misura più comprensibile all'auditore contemporaneo, ma serbando metrica, assonanze, e suggestioni dell'opera originale. Un 'restauro' che ha inteso mantenere intatte le parti più autentiche del manoscritto grazie a una rispettosa – per quanto possibile – restituzione al 'presente'.
La nostra ricerca, inoltre, tiene conto della presenza dell’affresco come un raro monumento narrante. Essa trova una sua ulteriore ragione in quella che doveva essere nella teatralità medioevale l’interazione continua fra dramma e pittura, fra corpus vivente e corpus immaginario, fra scrittura tramandata e comunità in ascolto. A partire dal X secolo in Europa, la drammatizzazione della liturgia vive un doppio rapporto con le arti figurative: a volte plasmandole, altre lasciandosi plasmare. Il dramma sacro, in Occidente, sorge come forma per visualizzare il Nuovo Testamento e lo narra. È da questa straordinaria narrazione che nasce l'intreccio storico fra scrittura, liturgia e spettacolo".
Per ulteriori informazioni:
0763.340162 – kaminateatro@gmail.com
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