La storia si fa romanzo d'avventura nelle "Dodici Città" di Matteo Bruno
Dardano dal Gianicolo osserva Porsenna sul suo carro. Per smussare lo sguardo astioso, mitigandolo in fiducia, e scegliere se schierarsi dalla parte del lucumone o della gloriosa Roma che lo aveva accolto, gli saranno necessari gli eventi stipati in 443 pagine. Le compila per lui, immaginario fabbro nato etrusco ma cresciuto tra i Romani, Matteo Bruno.
Classe '80 – a dispetto della sua giovane età, ha già all'attivo tre libri e in autunno darà alle stampe il quarto ambientato nella Magna Grecia della Guerra del Peloponneso – una laurea in scienze politiche, umbro di Perugia, venerdì 6 febbraio è al Museo "Claudio Faina" di Orvieto per presentare il suo "Dodici Città", pubblicato per Leone Editore, che arriva dopo "Le Ali del Falco" e "Oro, Sole e Sangue".
"Il primo – spiega, lui – nato di getto e ambientato nel medioevo per la volontà di portare nel mio territorio una storia che mi sarebbe piaciuto leggere. Il secondo, nel Messico dei conquistadores. Ed ora un ritorno alle origini, alla fine del VI secolo a.C. nel momento in cui il re di Chiusi e Velzna, Orvieto, decide di radunare la dodecapoli". È nel Fanum Voltumnae che Dardano, chiave di volta della narrazione, riceve il segnale divino che lo guida fino all'ultimo capitolo.
Collante di tutto, la passione per la storia antica. "Con gli occhi di un adulto – confessa l'autore – ho rivisto quello che studiavo al liceo classico. Un viaggio nel tempo e nello spazio che mi ha portato a visitare i luoghi con la consapevolezza di uno scrittore. Come Bernard Cornwell o, tra gli italiani, Valerio Massimo Manfredi". Con questa presentazione, nell'Anno degli Etruschi, la Fondazione per il Museo "Claudio Faina" – presenti il presidente Antonio Concina e il sindaco Giuseppe Germani – intende prestare attenzione a una forma di letteratura contemporanea quale la narrativa storica che sta vivendo una fase di grande vitalità e aprirsi ad autori giovani.
La prima stesura di "Dodici Città" è stata scritta in due mesi. Per quella definitiva, comprensiva di lima dell'editor, c'è voluto un anno. Presentato in anteprima al Museo Civico "La Città Sotterranea" di Chiusi, sugli scaffali di tutta Italia da agosto, con segnalazione d'onore al "Premio Firenze per la Narrativa Edita" assegnato dal Centro Culturale "Mario Conti", a dicembre, il libro è andato in ristampa.
Ne apprezza la ricostruzione convincente anche l'archeologo Giuseppe Maria Della Fina, direttore scientifico della Fondazione per il Museo "Claudio Faina". "Da etruscologo – ironizza – sulle prime ho faticato un po' di fronte all'immagine che il libro restituisce di Porsenna, salvo poi convincermi della genuinità dell'opera. La grandezza di Porsenna sta nel tentativo, più o meno consapevole, di allargare i confini di una città stato". A colloquio con l'assessore alla cultura di Chiusi Chiara Lanari – "di lui – rivela, da giornalista – mi hanno colpito la sagacia e la caparbia con cui affronta il mestiere di scrivere" – Matteo Bruno sottolinea come un romanzo storico sia l'invito a rileggere la storia. Ad esso si chiede, in fondo, la piacevolezza di una lettura che abbia la storia per cornice.
"Per quanto di ambito storico – spiega – la scrittura nasce da dentro, da un bisogno di esprimere. Il vantaggio del narratore, rispetto all'approccio scientifico, è la possibilità di vedere con passione, vivere di entusiasmo. Quello che ho fatto in questo libro è spurgare il quadro storico da orpelli narrativi ed elementi di mitologia creati intorno agli eventi. Avendo individuato un periodo storico oscuro, in cui le lacune non mancano, ho integrato con la fantasia ipotizzando come potessero essere andati realisticamente i fatti.
Questo presuppone un'indagine storica che ho fatto, tenendo a mente quello che mi disse un insegnante ad un corso di scrittura creativa. Ovvero che scrivere un romanzo storico è come guardare un gruppo di isole, quello che emerge è la realtà. Per dare un senso compiuto all'opera, occorre costruire dei ponti tra di loro. In questo caso, le isole erano molto lontane e la costruzione dei ponti si è rivelata impegnativa".
Non ha la pretesa di fare il regista, né ha mai scritto sceneggiature. Eppure nella costruzione della trama, in più di un'occasione lo sguardo è filmico. Flash e situazioni rasentano (o forse attendono) la trasposizione cinematografica, in bilico tra storia e avventura. "Lo stesso guerriero della copertina – conviene – rimanda all'idea degli spartani di Leonida in '300'. In realtà, pur definendo romanzo storico d'avventura ciò che scrivo, tento di restare nel solco del realismo, senza derive fantasy". E poggiando su simili basi, la storia si lascia sfogliare.