cultura

Schönberg -, Berio... e la psicanalisi. Riflessioni in margione al Festival Valentiniano

lunedì 5 ottobre 2009
di Adolfo Mazzoni
Schönberg -, Berio... e la psicanalisi. Riflessioni in margione al Festival Valentiniano

Nell' ambito del Festival Valentiniano, organizzato dal M° Frajese e in programma in questi giorni ad Orvieto, ho avuto modo di partecipare alla conferenza- seminario "La stecca del pianista: dissertazione tra musica e psicanalisi", a cura del Dr. Antonio Bergami. Non nascondo che le argomentazioni emerse in quella sede , vertenti soprattutto sulla musica dodecafonica e le sue relazioni con la psicanalisi, hanno riportato alla mia memoria un' esperienza musicale di molti anni fa. Credo fosse la primavera del 1981 quando, durante una lezione di clarinetto con il M° Elio Palagi (I° clarinetto nell' orchestra del "Maggio musicale fiorentino" e docente al Conservatorio di Firenze), sentii parlare per la prima volta di dodecafonia e di "sistema atonale". Al tempo, devo ammettere, l' argomento non suscitò in me particolari emozioni. Avevo ricevuto dal M° Dario Duranti l' educazione musicale di base e con Palagi mi interessava soprattutto migliorare la tecnica strumentale, da spendere poi nell' esecuzione del genere che in quel momento apprezzavo maggiormente, il jazz.

Non molto tempo dopo venni a conoscenza del fatto che Luciano Berio, grande compositore d' avanguardia del Novecento, ritornato in Italia dopo una parentesi di attività artistica negli USA, aveva intenzione di fare delle sperimentazioni musicali riunendo ad Assisi un numero considerevole di bande musicali. Ricordo che il M° Palagi ebbe allora un ruolo fondamentale nel convincermi a partecipare all'evento che, francamente, in quel momento non mi attirava più di tanto. Tuttavia, la classica "sudditanza artistica" che normalmente lega l' allievo al maestro finì col prevalere. Così, unitomi agli amici della banda musicale "Luigi Mancinelli" di Orvieto, partimmo alla volta di Assisi.

Giunti nella città di San Francesco, lo sconcerto fu grande quando constatammo la presenza di una ventina di complessi musicali, per un totale di circa un migliaio di strumentisti. Ci guardammo negli occhi come a dirci: "Ma come farà Berio a dirigere tutta questa gente? Senza contare che se qualcuno dovesse sbagliare neanche se ne accorgerebbe". Non eravamo ancora riusciti a darci una risposta quando un collaboratore del M° Berio ci si avvicinò chiedendoci di intonare un do d'effetto. Poco dopo iniziò l'esecuzione dei brani musicali previsti.
A ventotto anni di distanza ricordo con assoluta lucidità lo sgomento che provai al termine della prova nel constatare che nessuno di noi era in grado di ripetere, nemmeno cantando (figuriamoci con uno strumento a fiato), ciò che aveva eseguito.

"Ma che modo di comporre è questo? - pensai - È una musica senza melodia; inoltre neanche gli accordi sono riconoscibili!" In quel momento, appena ventenne, pensai che non mi sarei più occupato di musica contemporanea. Eppure, quello con la musica atonale doveva essere un appuntamento solo rimandato.
Oggi in effetti, da appassionato di storia della musica, pur prediligendo il periodo classico e quello romantico non disdegno di fare delle saltuarie "puntatine" nella musica del Novecento, come è accaduto ad esempio l'anno passato, quando ho avuto l' occasione di partecipare come corista all'esecuzione de "L' Arca di Noè" del compositore britannico B. Britten (egregiamente diretta dal M° Nello Catarcia).

Ritengo tuttavia che la conferenza cui ho accennato nelle prime righe sia stata veramente illuminante per tutti i presenti che, come me, nutrissero eventualmente qualche dubbio circa il fatto che la musica dodecafonica potesse mai avere un significativo ascendente sui melomani tradizionalisti. Nella musica di Schönberg la gerarchia della sintassi musicale viene definitivamente dissolta e l' armonia si trova ad essere "sospesa". Non a caso Schönberg preferisce parlare di sospensione della tonalità, piuttosto che di atonalità. Solo in un secondo momento, con l' invenzione della dodecafonia (una tecnica compositiva di dodici suoni in relazione soltanto con se stessi) venne elaborata una nuova gerarchia sintattica musicale. Schönberg non amava i condizionamenti imposti dal sistema di composizione tonale, basato a suo parere su una logica eccessivamente razionale.

Il mondo che interessava al compositore austriaco, come agli altri artisti dell' espressionismo musicale, era quello celato dietro la razionalità e che si manifesta nell' inconscio. È fuor di dubbio che la nuova musica (atonale), che prese una direzione netta verso la dodecafonia con Debussy, avrebbe messo l' ascoltatore nella condizione di dover modificare la propria condotta di ascolto. Va da sé, infatti, che la musica di Debussy prima, ma successivamente anche quella di Stravinskij, Webern, Boulez e Berio, era destinata a coinvolgere l'ascoltatore in modo più astratto, proiettandolo in una realtà sonora alquanto diversa da quella offerta dalle composizioni dei secoli precedenti, rendendo così inutilizzabili i tradizionali mezzi di analisi. Ed è in questo contesto che la psicanalisi ci viene in aiuto. Lo stesso Jung, infatti, riteneva che il vecchio modello psichiatrico andasse rivisto, nell' ottica della nuova concezione del mondo (anche a seguito della scoperta dell' inconscio collettivo).

Se la dodecafonia apre le porte alla musica dell' inconscio, l' atteggiamento più giusto di chi si pone all'ascolto di tale musica, visto che siamo in presenza di una sospensione, sarà quello di disporsi ad "oscillare": se infatti si ascolta la musica di Debussy si può notare che raramente si possono scorgere dei motivi comunemente definiti "cantabili" o "orecchiabili", ma solo dei frammenti che originano un senso di sospensione, di attesa, creando un vuoto melodico che richiede a chi ascolta la capacità di saper stazionare nell' incertezza. L' ascolto diventa quindi un' avventura senza fine, con melodie non chiare, proprio perché rimandano ad un significato nascosto che risiede nel nostro inconscio. Questo oscillare cui ho fatto riferimento corrisponde alla cosiddetta "attenzione fluttuante" presente nella psicanalisi di Freud: l' ascoltatore - come lo psicanalista - deve morire un po' a se stesso, sospendendo volontariamente la propria incredulità rispetto a ciò che sta accadendo ed aprendosi quindi al vuoto compreso nel luogo dell' oscillare.

Ecco, dunque, che la psicanalisi può offrire un contributo fondamentale per la comprensione della musica dodecafonica e di quella contemporanea in genere, fornendo ad ogni appassionato uno strumento essenziale per l' apprezzamento di gran parte delle composizioni musicali del Novecento, comprese quelle di Luciano Berio.

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