cultura
Alcuni pensieri di Aldo Capitini
sabato 10 settembre 2005
“Tanto dilagheranno violenza e materialismo,
che ne verrà stanchezza e disgusto;
e dalle gocce di sangue che colano dai ceppi della decapitazione
salirà l’ansia di sottrarre l’anima
ad ogni collaborazione con quell’errore,
e di instaurare subito, a cominciare dal proprio animo
(che è il primo progresso),
un nuovo modo di sentire la vita:
il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore,
senza un’apertura infinita dell’uno verso l’altro,
senza una unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire.
Questo è il varco attuale della storia.”
“…Non c’è situazione avversa in cui non resti sempre qualche cosa da fare. L’essenza del nostro migliore agire è dare, senza sempre e subito chiedere… La storia procede per opera di coloro che, elaborato un profondo ideale, secondo le migliori esigenze di tutta la coscienza, vanno a infonderlo in mille modi nella realtà… Darsi alla attività civile e sociale, tentare sempre, è fede che muove da noi; oltre l’eventuale delusione dell'attuale momento.”
La Prima Marcia della Pace
Il 24 settembre 1961, in un momento di gravi tensioni internazionali, Aldo Capitini promosse e realizzò con il suo Centro di coordinamento per la nonviolenza e con l’aiuto di altre forze politiche della sinistra, la Prima Marcia per la Pace e la Fratellanza dei Popoli da Perugia ad Assisi, di 24 km.
Lo scopo era quello di affermare la volontà che “la pace si prepara durante la pace” e di destare la consapevolezza del pericolo nella gente meno informata. La manifestazione ebbe enorme successo: secondo le stime dei giornali più favorevoli vi parteciparono dalle 10.000 alle 30.000 persone.
L’esperienza è narrata e documentata da Capitini stesso nel suo libro “In cammino per la pace” (Einaudi, Torino, 1962), nel quale dice di aver proposto la marcia perché è un “accomunamento dal basso” , è “un’estrinsecazione fisica disciplinando il corpo ad una idea che si serve pensando a tutti” e permette di ristabilire un contatto con la terra.
Una parola usata moltissimo da Capitini è la “compresenza”, come apertura estrema all’altro, al suo punto di vista. Fino ad arrivare ad affermare nel saggio “Il potere di tutti” che solo l’omnicrazia può fare in modo che le persone vivano la solidarietà.
Fu spesso solo in questa sua lotta, non sperimentò la nonviolenza nella dimensione comunitaria, e questo dice quanto sia stato forte nel portare avanti questa rivoluzione dal basso.
Le diverse forze presenti alla Marcia sentirono il bisogno di continuare, anche dopo, la collaborazione nell'impegno per la pace. Nacque così, su iniziativa di Capitini, una federazione di associazioni e di persone, la Consulta Italiana per la Pace, alla cui presidenza venne nominato lo stesso Capitini.
che ne verrà stanchezza e disgusto;
e dalle gocce di sangue che colano dai ceppi della decapitazione
salirà l’ansia di sottrarre l’anima
ad ogni collaborazione con quell’errore,
e di instaurare subito, a cominciare dal proprio animo
(che è il primo progresso),
un nuovo modo di sentire la vita:
il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore,
senza un’apertura infinita dell’uno verso l’altro,
senza una unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire.
Questo è il varco attuale della storia.”
“…Non c’è situazione avversa in cui non resti sempre qualche cosa da fare. L’essenza del nostro migliore agire è dare, senza sempre e subito chiedere… La storia procede per opera di coloro che, elaborato un profondo ideale, secondo le migliori esigenze di tutta la coscienza, vanno a infonderlo in mille modi nella realtà… Darsi alla attività civile e sociale, tentare sempre, è fede che muove da noi; oltre l’eventuale delusione dell'attuale momento.”
La Prima Marcia della Pace
Il 24 settembre 1961, in un momento di gravi tensioni internazionali, Aldo Capitini promosse e realizzò con il suo Centro di coordinamento per la nonviolenza e con l’aiuto di altre forze politiche della sinistra, la Prima Marcia per la Pace e la Fratellanza dei Popoli da Perugia ad Assisi, di 24 km.
Lo scopo era quello di affermare la volontà che “la pace si prepara durante la pace” e di destare la consapevolezza del pericolo nella gente meno informata. La manifestazione ebbe enorme successo: secondo le stime dei giornali più favorevoli vi parteciparono dalle 10.000 alle 30.000 persone.
L’esperienza è narrata e documentata da Capitini stesso nel suo libro “In cammino per la pace” (Einaudi, Torino, 1962), nel quale dice di aver proposto la marcia perché è un “accomunamento dal basso” , è “un’estrinsecazione fisica disciplinando il corpo ad una idea che si serve pensando a tutti” e permette di ristabilire un contatto con la terra.
Una parola usata moltissimo da Capitini è la “compresenza”, come apertura estrema all’altro, al suo punto di vista. Fino ad arrivare ad affermare nel saggio “Il potere di tutti” che solo l’omnicrazia può fare in modo che le persone vivano la solidarietà.
Fu spesso solo in questa sua lotta, non sperimentò la nonviolenza nella dimensione comunitaria, e questo dice quanto sia stato forte nel portare avanti questa rivoluzione dal basso.
Le diverse forze presenti alla Marcia sentirono il bisogno di continuare, anche dopo, la collaborazione nell'impegno per la pace. Nacque così, su iniziativa di Capitini, una federazione di associazioni e di persone, la Consulta Italiana per la Pace, alla cui presidenza venne nominato lo stesso Capitini.
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