Recuperati due sarcofagi e otto urne di origine etrusca provenienti da uno scavo clandestino
Otto urne litiche etrusche, tutte integre, in travertino bianco umbro, in parte decorate ad altorilievi con scene di battaglie, di caccia e con fregi, alcune delle quali con pigmenti policromi e rivestimenti a foglia d’oro, altre con la raffigurazione del mito di Achille e Troilo. E ancora due sarcofagi – uno, al momento, rappresentato dalla sola copertura e l’altro completo dello scheletro del defunto – e il relativo corredo funerario di Età Ellenistica del III secolo a.C. composto di suppellettili e vasellame sia fittile che metallico, tra cui quattro specchi in bronzo, uno dei quali con l’antica divinizzazione di Roma e della lupa che allatta soltanto Romolo, un balsamario contenente ancora tracce organiche del profumo utilizzato in antichità, un pettine in osso, situle e oinochoe in bronzo, comunemente utilizzati dalle donne etrusche durante banchetti e simposi.
Un vero e proprio tesoro, il cui valore è stato stimato intorno agli 8 milioni di euro, finito sotto sequestro al termine di una complessa e articolata attività di indagine condotta dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale – Sezione Archeologia, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia. I dettagli sono stati illustrati martedì 19 novembre alla Caserma "La Marmora" di Roma, sede del Reparto Operativo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale alla presenza del procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, Raffaele Cantone, il sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Perugia, Annamaria Greco, il comandante dei Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale Francesco Gargaro, il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, e il capo del Dipartimento per la Tutela del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura, Luigi La Rocca.
Le attività sono state avviate nello scorso mese di aprile, a seguito di una comunicazione dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale che segnalava un possibile scavo abusivo nella zona fra Chiusi e Città della Pieve e il ritrovamento di importanti reperti archeologici etruschi. L’indagine, svolta dalla Sezione Archeologia del Reparto Operativo TPC, ha preso il via dall’acquisizione di fotografie ritraenti numerose urne cinerarie con personaggi semi-recumbenti, tipici della cultura etrusca, che circolavano sul mercato illecito dell’arte. La collaborazione scientifica da parte di un docente dell’Università di Roma Tor Vergata ha permesso di contestualizzare l’appartenenza dei reperti ad una necropoli etrusca, verosimilmente del territorio chiusino già ricco di analoghe testimonianze artistiche.
Ulteriori accertamenti, con il supporto specializzato della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura e della Soprintendenza dell’Umbria, hanno permesso di focalizzare l’attenzione su un rinvenimento fortuito, già denunciato nel 2015 a Città della Pieve. Durante i lavori di aratura del terreno, infatti, un agricoltore si era imbattuto in un ipogeo etrusco contenente quattro urne funerarie e due sarcofagi riconducibili alla Gens Pulfna, il cui medesimo patronimico era presente proprio su alcune delle urne raffigurate nelle fotografie da ricercare. Tuttavia, mentre l’ipogeo dei Pulfna scoperto nel 2015 era costituito da sepolture maschili, le immagini reperite dagli investigatori raffiguravano prevalentemente principesse etrusche. Le indagini sono state quindi concentrate nei luoghi limitrofi al sito umbro.
Obiettivo, accertare se altri ipogei fossero stati violati di recente. Valutata la necessità di disporre di adeguate attrezzature e mezzi meccanici per la movimentazione e il trasporto di reperti archeologici in perfetta conservazione di età etrusca, ritenuti di eccezionale valore storico e artistico, considerato il peso e le dimensioni delle urne, i militari dell'Ama si sono concentrati su specifici soggetti ritenuti in grado di gestire le complesse operazioni di un recupero clandestino. L’analisi di ulteriori dati acquisiti negli archivi amministrativi locali e l’interpolazione con gli elementi raccolti nella prima fase delle indagini hanno consentito di incentrare l’interesse investigativo su un imprenditore locale, titolare di una società in grado di svolgere anche movimento terra, che possedeva, tra l’altro, terreni adiacenti a quelli in cui era stato scoperto nel 2015 l’ipogeo.
Avendo avuto i militari del TPC conferma di un'imminente commercializzazione dei beni sul mercato antiquario clandestino, è stata richiesta al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione allo svolgimento di intercettazioni telefoniche. L'attività è stata supportata anche da servizi di osservazione e pedinamento, con l’utilizzo di un drone in dotazione al Nucleo Elicotteri Carabinieri di Pratica di Mare. Ciò ha permesso di individuare con rilevante probabilità la presenza dei reperti all’interno di un’area ben delimitata nel territorio di Città della Pieve. È stato, quindi, emesso decreto di perquisizione locale e, in sede di esecuzione, sono state recuperate proprio le urne ritratte nelle fotografie individuate nella fase iniziale dell’indagine.
Utilizzando anche gli elementi topografici acquisiti dal sorvolo del drone, inoltre, i militari del TPC hanno potuto individuare con precisione il sito di scavo. Un preliminare studio scientifico delle urne redatto dai funzionari archeologi del Ministero della Cultura ha confermato l’appartenenza dei beni ad un unico contesto funerario, consistente in una tomba ad ipogeo riconducibile a un'importante famiglia del luogo, quella dei Pulfna. L’operazione di recupero delle urne è considerata dagli esperti uno dei più importanti recuperi di manufatti etruschi mai realizzato durante un’azione investigativa. La circostanza che le opere sequestrate siano riferibili ad un unico ipogeo rendono particolarmente rilevante il valore archeologico, artistico e storico del recupero. Contestualmente sono state individuati quali eventuali responsabili due imprenditori, nei confronti dei quali si è proceduto per i reati di furto e ricettazione di beni culturali.