cronaca

Padre Chiti, una storia da raccontare al mondo

lunedì 21 novembre 2022

Il 6 maggio 1921 a Gignese, un piccolo e grazioso paese nell’entroterra del Lago Maggiore, in provincia di Verbania, nasceva Gianfranco Chiti. Cresciuto ed educato dalla famiglia ai fondamenti di una corretta ed esemplare vita religiosa, dopo un breve periodo passato a Londra (1921-1926), il padre Giovanni, Primo Violino alla Filarmonica di Londra, per esigenze lavorative ritorna in Italia, la famiglia si trasferisce a Pesaro, dove il papà aveva ottenuto una cattedra per l’insegnamento nel conservatorio “Rossini”.

In questa città il giovane Gianfranco visse felicemente la sua adolescenza e presto divenne membro della Conferenza di San Vincenzo de Paoli, si lega altresì ai Cappuccini della sua città, per poi iscriversi all’Ordine Terziario Francescano. Dopo il 5° ginnasio, quindicenne, entra nella Scuola Militare di Roma per essere ammesso a frequentare con attitudine e profitto, l’Accademia Militare di Modena, 82° Corso Fede, uscendone Sottotenente, assegnato al 3° Reggimento Granatieri di Sardegna.

Con l’Italia in Guerra, viene subito impegnato sul fronte greco-albanese e russo (1942-1943). Come giovane Ufficiale, gli è affidato il Comando di una Compagnia. Durante una battaglia sul fiume Don viene decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare sul Campo. Vive la tremenda ritirata con dignità ed altruismo, ebbe seri postumi di congelamento agli arti inferiori, di cui ne avrebbe risentito, in modo permanente, per il resto della sua vita, sempre fedele a quella voce interiore che ritornava insistente, votandolo al dovere di “servire”.

La gioia del ritorno in Patria, durò poco, sorpreso ed amareggiato, prese atto della situazione delle nostre Forze Armate, irrimediabilmente compromesse nei vari fronti. Dopo innumerevoli vicissitudini, sperando di essere sempre al servizio della Patria, nel 1944 aderì alla R.S.I. Ben presto si rese conto che le cose avevano preso strade molto diverse dai suoi principi e allora si adoperò nel salvare la vita a centinaia di partigiani ed ebrei, impedendo rastrellamenti e saccheggi a villaggi e paesi nell’area piemontese dove era impiegato.

Finita la guerra, nel maggio del 1945 fu arrestato per l’appartenenza alla R.S.I. e internato nei campi angloamericani di Tombolo, Coltano, Laterina. Sottoposto a processo di epurazione del personale fascista, in un primo momento fu degradato e ridotto allo stato civile. Successivamente, in base alle testimonianze delle centinaia di persone, tra partigiani ed ebrei a cui aveva salvato la vita, venne scagionato da ogni colpa.

Alla sua liberazione, in attesa di essere reintegrato nella Forza Armata, insegna matematica nell’Istituto Calasanzio dei Padri Scolopi (1946-1948) a Campi Salentina (LE). Negli anni successivi al termine del 2° Conflitto Mondiale, viene reintegrato nell’Esercito (1948) con il grado di Tenente, continuando una brillante carriera da Ufficiale ed educatore. Dopo un prolungato impegno all’estero, in Somalia, per conto delle Nazioni Unite, rientra in Patria assumendo vari incarichi di rilievo, quali quello di Comandante del 4° Battaglione Meccanizzato e di Vice Comandante del 1° Reggimento Granatieri di Sardegna.

Il 24 febbraio 1970 viene assegnato alla Scuola Allievi Sottufficiali di Viterbo con incarico di Capo Ufficio Addestramento e di Vice Comandante. Il 20 ottobre 1973 viene nominato Comandante, incarico che rivestirà con prestigio e onore sino alla data del 10 gennaio 1978 quando, viene promosso al grado di Generale di Brigata, cessando il servizio attivo permanente, per raggiunti limiti d’età. Nel periodo di comando trascorso alla Scuola Sottufficiali di Viterbo, come tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo, ben sanno la straordinarietà dell’uomo, un vero signore in possesso di tratti personali carismatici dall’incisivo ascendente di Comandante di uomini.

Un Quadro Permanente, unitamente agli Allievi Sottufficiali, militari di leva e relativi familiari, tutti a godere di questo importante riferimento, sotto ogni profilo, capace di amalgamare, nell’affetto reciproco e nella solidarietà, lontano da qualsiasi possibile retorica, si sono sempre sentiti, nei fatti, parte di un’unica, grande e armoniosa Famiglia. Sotto il Comando del Colonnello Chiti sono transitati ben 7.100 Allievi Sottufficiali (appartenenti ai Corsi dal 23° al 37° A.S.), seppur rigoroso e esigente, ha saputo avviare una così numerosa schiera di Allievi Sottufficiali, una grande ricchezza negli organici del nostro Esercito.

L’esempio espresso dal Comandante Chiti in prima persona, una singolare prospettiva d’approccio alla scelta professionale intrapresa,ovvero quella di essere sempre e costantemente al Servizio del prossimo, inteso come Fratello. Nel suo onorato servizio, ha servito la Patria per oltre 40 anni, come Ufficiale dei Granatieri al Comandante Chiti gli sono stati tributati ben 6 Encomi, di cui 2 Solenni e conferite prestigiosissime onorificenze qui elencate: - Croce al Merito di Guerra (02/08/1948), - Medaglia di Bronzo al Valor Militare (11/08/1948) - Nomina a Cavaliere e Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (O.M.R.I.).

Nel Dicembre 1993, il Generale di Brigata Gianfranco Chiti è stato promosso, a titolo onorifico, al grado di Generale di Divisione. Il 6 maggio 1978 viene collocato in ausiliaria per raggiunti limiti d’età. Dopo 24 giorni (il 30 maggio) dal congedo, bussa alla porta del Convento dei Cappuccini di Rieti, chiedendo di indossare il saio di San Francesco; viene accolto e ammesso all’anno di prova e il 22 ottobre 1978 veste il saio dei Cappuccini. Il 12 settembre 1982, dopo il periodo di noviziato, vista la sua immensa cultura teologica, viene ordinato sacerdote nel Duomo della città.

Nel 1990 i Superiori lo incaricano di prendersi cura e di ricostruire il vecchio e cadente Convento dei Cappuccini nel territorio di Orvieto. La struttura abbandonata all’incuria per oltre 50 anni, nel tempo si era degradata diventando un vero rudere, un luogo in cui erano state celebrate delle messe nere, ma, Padre Chiti disse “Gesù ha ripulito tutto, guardate com’è tutto verde”. Con l’aiuto dei suoi amici militari Granatieri, Allievi, professionisti e volontari di Orvieto, restaurò il Convento che era dedicato a San Crispino, creandone dalle ceneri un’oasi meravigliosa di fede e preghiera, per tanti amici e fedeli che li si recavano.

Oggi quando arrivi al Convento di San Crispino, subito ti accorgi di essere in un luogo unico, un luogo che si distingue per semplicità, per accoglienza, sembra tenderti le braccia in un abbraccio fraterno, di pace. Con il suo saio sempre più logoro, la barba bianca e il sorriso gentile diventò una figura amata e popolare. Visse nell’unico Convento al mondo dove ogni giorno si rinnovava il rito dell’alzabandiera come azione sacra, indossando sempre i pantaloni della divisa militare sotto il saio.

Nel suo peregrinare, per oltre 10 anni, ebbe nel cuore Villa Bartolomea, un paese nella provincia di Verona, residenza di alcuni colleghi della Campagna di Russia, un luogo dove l’affetto della gente gli fece ricevere la Cittadinanza Onoraria. il 9 luglio 2004, mentre scendeva dal Convento con la sua piccola utilitaria andò a sbattere in un grosso albero, fu l’inizio della fine. Il 20 novembre 2004, Padre Chiti viene chiamato alla casa del Padre, la sua salma viene tumulata nel Cimitero Monumentale di Pesaro, nella cappella di famiglia, vicino alla sua mamma, come suo volere.

La storia però non si ferma qui. Granatieri, Allievi, i suoi amici, i suoi figli spirituali, raccolti in una Associazione chiedono insistentemente l’apertura del Processo di Beatificazione e Canonizzazione, fino ad ottenerla. Il 13 aprile 2015 il Vescovo di Orvieto - Todi, Mons. Benedetto Tuzia ha emanato l’Editto per l’inizio dell’Inchiesta Diocesana per la sua Beatificazione e Canonizzazione, aprendone la prima sessione l’8 maggio 2015 nel Duomo di Orvieto colmo di fedeli. In questi anni il Tribunale ha sentito ben 63 testimoni diretti e raccolto centinaia di documenti inerenti la vita del nostro Servo di Dio.

Il 30 Marzo 2019 in Duomo ad Orvieto, alla presenza di migliaia di fedeli, il Vescovo, Mons. Benedetto Tuzia annuncia la chiusura del Processo Diocesano della Causa di Beatificazione e Canonizzazione, un iter burocratico religioso necessario per raggiungere la venerabilità, anticamera, dopo il miracolo dichiarato, della proclamazione a Santità del Servo di Dio. La Positio super virtutibus è stata stampata e consegnata alla valutazione della Commissione cardinalizia in Vaticano, la Congregazione delle Cause dei Santi, percorso necessario per arrivare al Sacro Decreto di Papa Francesco, che nominerà Beato il Servo di Dio.

“Eccomi! E’ la parola più piccola che possiamo dire, ma quanto preziosa… “Sono qui per te, cosa vuoi che io faccia?”. Padre Gianfranco Maria Chiti da Gignese merita, noi tutti meritiamo una storia da raccontare.

Angelo Polizzotto,
presidente Associazione Nazionale Allievi di Padre Chiti


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